Tutti la cercano, tutti la desiderano, tutti la sognano, ma quante persone
possono dire di essere felici? E soprattutto cos’è la felicità? Molti, troppi,
erroneamente credono che essere felici, sia un obiettivo da raggiungere,
attraverso le cose belle e di valore economico possedute, con lo svolgere un
buon lavoro, con il rivestire posizioni di potere economico o politico, (oggi)
con l’essere visibili e partecipare a trasmissioni televisive, con essere
“riconosciuti” dagli altri, con l’avere un rapporto sereno con gli amici e avere
la classica famiglia della pubblicità del “Mulino Bianco”. Peccato che nasce
sempre qualche intoppo, qualche imprevisto, fatalità o disguido, per lo più
dipeso da altri o da fattori esterni che non ci permettono di raggiungere le
mete prefisse, e quindi non avendo soddisfatto le nostre aspettative, siamo
tristi ed infelici. La realtà è questa, ed è proprio questo l’errore che
commettiamo: cercare, rincorrere, lottare per ottenere la felicità, attraverso
un modello di aspettative fasulle o irrealizzabili, per il normale e misterioso
corso della vita. La felicità dipende da noi e solo da noi, dal nostro
atteggiamento mentale con cui affrontiamo ogni situazione quotidiana. Gli eventi
che accadono ad ogni persona sono quasi uguali per tutti, gioie, delusioni per
un amore non corrisposto, per un abbandono, per un concorso vinto o perso, per
una disattenzione o ottusità o menefreghismo di chi abbiamo di fronte, per
incomprensioni con il partner, con i familiari, con gli amici, per i lutti, per
la ricerca faticosa di un lavoro, della casa, ecc… quello che cambia è la nostra
reazione ed accettazione nei confronti di questi avvenimenti inevitabili; e ciò
fa la differenza tra l’essere ed il non essere felici. La felicità non deriva da
situazioni esterne (quanti personaggi ricchi e famosi, che sembrano avere tutto
-fama, successo, soldi, visibilità, potere, compagni ambiti, lusso-, tranne che
l’essere felici, vedi Britney Spears) ma è uno stato d’animo interiore, da non
confondere con la serenità, la gioia e l’allegria. La serenità è l’assenza di
preoccupazioni, di turbamenti e di emozioni forti, uno stato di quiete, tra due
avvenimenti emotivi. La gioia e l’allegria sono le manifestazioni emotive
esterne, che possono essere conseguenti di uno stato di felicità, ma non sono né
la causa né sono assimilabili ad essa. Spesso questi termini, vengono usati
indifferentemente, ma hanno significati ben diversi; tanto è vero che si può
fingere bene di provare gioia o allegria, ma non di essere felici. Studi
scientifici hanno dimostrato, che il cervello attimo per attimo è in grado di
creare uno stato di pienezza e soddisfazione: la felicità. Peccato che a
bloccare ed impedire il lavoro del cervello arrivano i brutti pensieri, le
preoccupazioni e l’ansia.
Questo avviene perché ci hanno insegnato che la
felicità si ottiene con il sacrificio, che il dovere viene prima del piacere,
che se si è felici prima o poi ci sarà un prezzo da pagare (con dispiacere,
tristezza o eventi negativi), quasi che l’essere felici sia una colpa. La
felicità è uno stato naturale, interiore e personale ed accade nel presente;
ogni attimo è l’attimo giusto per essere felici, se lo rimandiamo o lo leghiamo
ad eventi positivi futuri (ma di cui non vi è certezza), allontaniamo
consapevolmente la felicità da noi. Vi sono atteggiamenti che agevolano lo
sgorgare della felicità come avere un buon rapporto ed accettare se stessi
(autostima), accettare tutti gli eventi che accadono come attori protagonisti e
non come vittime (predestinate), vivere nel presente - l’unico tempo che esiste
- (il futuro crea ansia, il passato nostalgia e/o frustrazioni), vivere le
piccole cose quotidiane, come eventi unici e non scontati o ripetitivi e
lasciare la mente vuota da pensieri avvelenanti. L’essere felici è compatibile
con qualsiasi avvenimento, anche triste che ci accade, è un diritto naturale e
non va condannato dalla morale e dai moralisti (i peggiori nemici del benessere
e del vivere in pace con se stessi e con gli altri), secondo cui la felicità è
un premio o una colpa, e chi è felice viene definito superficiale, inadeguato,
insensibile, sempliciotto, che non è cosciente dei problemi reali ma vive in un
mondo tutto suo, fuori luogo, ecc… .