2012-05-06
Anche nelle guerre è importante la matematica
Le guerre si assomigliano un po’ tutte. Non è retorica da quattro soldi ma un’affermazione dei ricercatori dell’Università di Miami, in Florida, che hanno provato a considerare i conflitti da un punto di vista matematico. Trovando - riportano gli studiosi sulle pagine di Nature - che il numero delle vittime e la tempistica degli eventi bellici sono legati a una sorta di legge universale. Secondo il modello matematico, infatti, esisterebbe uno schema comune a tutti i conflitti che permette di predire queste variabili, indipendentemente da tutti gli altri fattori, come la politica e la geografia.
Primo autore dello studio è il fisico Neil Johnson, che è partito dai dati di uno studio precedente, (condotto da Juan Camilo Bohorquez dell’Università delle Ande di Bogotá) su 54.679 mila attacchi avvenuti durante le nove guerre in Afghanistan, Peru, Colombia, Indonesia, Iraq, Israele, Irlanda del Nord, Senegal e Sierra Leone. Johnson e colleghi hanno assemblato le informazioni su tempistiche, date, numero di vittime (da un singolo assassinio sulle strade di Bogotà a circa mille morti nell’agosto del 2005 a Baghdad, durante la fuga indotta da un attacco terroristico).
Messi su un grafico, questi dati mostrano che le tempistiche degli attacchi di tutte e nove le guerre appaiono davvero simili. Piuttosto che distribuirsi in modo casuale, gli eventi si verificano “a gruppi”, e anche i giorni di maggiore violenza (alto numero di vittime) sono vicini nel tempo. Ancora più sorprendente: la “magnitudo” della violenza di ciascuno conflitto segue la cosiddetta “legge di potenza”, una relazione tra due variabili che si incontra spesso nei fenomeni fisici come i terremoti; in questo caso, per esempio, la legge predice la ripetizione di un evento di magnitudo molto alta dopo un certo periodo di tempo. Allo stesso modo, nel caso degli attacchi terroristici la legge determina la probabilità con cui si presenteranno gli eventi di diversa magnitudo (10, 100 o 1000 morti, per esempio). Dalla analisi emerge, così, che un attacco con dieci vittime può verificarsi 316 di più che uno con cento.
Per cercare di spiegare il meccanismo che sottosta a questo schema, i ricercatori hanno preso in prestito un modello economico: tutti gli aventi bellici sono trattati come piazze di mercato – in cui gruppi di persone decidono ininterrottamente come agire e, piuttosto che coordinarsi, guardano le notizie. La grandezza della carneficina riportata ogni volta dai media determina la probabilità che un altro gruppo tenterà l’attentato e la sua portata.
Dopo aver creato diecimila guerre virtuali con il modello matematico, i ricercatori hanno ritrovato lo stesso schema dei nove conflitti reali considerati; gli attacchi nel corso del conflitto – dal più piccolo al più grande - mostrano sempre la stessa distribuzione. “C’è una sorta di regola generale con cui gli esseri umani conducono i conflitti, indipendentemente dall’appartenenza etnica, dalla geografia del luogo e dalle motivazioni che guidano le persone”, hanno commentato gli autori.
Lo schema esisterebbe, quindi, perché le varie guerriglie sono portate avanti da gruppi diversi che non si coordinano tra loro. I ricercatori assumono, inoltre, che i gruppi si formino e si frammentino quando avvertono un qualche pericolo, e che colpiscano sempre in modo da massimizzare la loro visibilità sui dei media, di cui si contendono l’attenzione.