2012-05-25

Il documento top secret dello scandalo del vaticano

«Beatissimo Padre, un mio trasferimento in questo momento provocherebbe smarrimento e scoramento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione da tempo radicate nella gestione delle diverse Direzioni (del governatorato, l’amministrazione vaticana, nda)». È il 27 marzo del 2011. A rivolgersi in termini così drammatici direttamente a Benedetto XVI,  denunciando privilegi, corrutele e zone opache Oltretevere, è un sacerdote di primo piano. Carlo Maria Viganò, un monsignore che viene incaricato nell’estate del 2009 su fiducia del Santo Padre a controllare tutti gli appalti e le forniture del Vaticano. La sua opera di tagli e pulizia dà fastidio. Tanto che finisce vittima  di una congiura per bloccare l’opera di pulizia che aveva avviato. Da novembre Viganò è stato rimosso. È diventando nunzio apostolico a Washington negli Stati Uniti, andando a ricoprire la più prestigiosa rappresentanza diplomatica della Santa Sede nel mondo.È una vicenda inquietante quella denunciata da Viganò al Papa, che riporta indietro le lancette in Vaticano agli anni dei silenzi, delle omissioni, delle denunce silenziate, della rimozione di chi cercava di colpire privilegi, di chi voleva allontanare i mercanti dal Tempio finendo invece lui allontanato, vittima delle sue denunce. Stavolta però Viganò non tace, reagisce a certe logiche della Curia Romana e scrive al Papa e al segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Di più, chiede ai sensi del diritto canonico che sia aperta una commissione di inchiesta su questa vicenda. Si lavora così nelle segrete stanze dei Sacri Palazzi. Chi viene sentito non deve farne parola con nessuno. Tanto che diverse delle persone contattate, come Ettore Gotti Tedeschi, il presidente dello Ior, la banca del Papa, fa esplicito riferimento all’imposizione del segreto pontificio che vincola le persone che vengono ascoltate. Un segreto che violato prevede sino alla scomunica, un  segreto – giusto per avere un paragone – che venne posto sullo scandalo dei preti pedofili. 
«Quando accettai l’incarico al Governatorato il 16 luglio 2009 – scrive Viganò il 4 aprile 2011 al Papa – ero ben conscio dei rischi a cui andavo incontro, ma non avrei mai pensato di trovarmi di fronte ad una situazione così disastrosa. Ne feci parola in più occasioni al Cardinale Segretario di Stato, facendogli presente che non ce l’avrei fatta con le sole mie forze: avevo bisogno del suo costante appoggio». Appoggio che Viganò fa capire non esserci stato. Le finanze sono in uno stato disastroso:  «La situazione finanziaria del Governatorato -prosegue -, già gravemente debilitata per la crisi mondiale, aveva subito perdite di oltre il 50/60%, anche per imperizia di chi l’aveva amministrata. Per porvi rimedio, il cardinale presidente aveva affidato di fatto la gestione dei due fondi dello Stato ad un Comitato finanza e gestione, composto da alcuni grandi banchieri, i quali sono risultati fare più il loro interesse che i nostri. Ad esempio, nel dicembre 2009, in una sola operazione ci fecero perdere 2 milioni e mezzo di dollari. Segnalai la cosa al Segretario di Stato e alla Prefettura degli Affari Economici, la quale, del resto, considera illegale l’esistenza di detto Comitato. Con la mia costante partecipazione alle sue riunioni ho cercato di arginare l’operato di detti banchieri, dai quali necessariamente ho dovuto spesso dissentire». In effetti questo gruppo di banchieri opera senza riconoscimento legale e amministra quasi 300 milioni di investimenti ogni anno. Un portafoglio che si è ridotto – per le perdite – negli ultimi anni.
Chi sono questi banchieri? Volti noti della finanza cattolica. A presiedere il comitato c’è Pellegrino Capaldo, banchiere schivo, già presidente della banca di Roma. Era nella commissione segreta vaticana che concordò il «contributo volontario» per sollevare lo Ior da qualsiasi responsabilità nel crac dell’Ambrosiano con Paul Casimir Marcinkus che portò a Ginevra il 25 maggio 1984 insieme a monsignor Donato de Bonis (quello che dieci anni dopo riciclerà la tangente Enimont ricevuta da Luigi Bisignani sempre allo Ior) l’assegno del silenzio da 242 milioni di dollari. Troviamo poi Gotti Tedeschi, nel comitato fino a quando non è andato al vertice della banca del Papa,  Massimo Ponzellini, già numero uno della Popolare di Milano, indagato per associazione a delinquere dalla procura di Milano nell’inchiesta sui finanziamenti Bpm al gruppo dei videogiochi Atlantis, e Carlo Fratta Pasini, scupoloso presidente della popolare di Verona. 
Viganò taglia i costi e dà sempre più fastidio: «La Direzione dei Servizi Tecnici era quella più compromessa – prosegue -, da evidenti situazioni di corruzione: i lavori affidati sempre alle stesse ditte, a costi almeno doppi di quelli praticati fuori del Vaticano».  La lista dei tagli è infinita, sempre documentata al Papa: «I costi dei lavori sono stati quasi dimezzati». Insomma Viganò taglia del 50% medio ogni lavoro nel piccolo Stato. Un caso su tutti? «Il presepe di piazza S. Pietro del 2009 era costato 550.000 euro, quello del 2010 300 mila euro». E anche il bilancio  ne guadagna passando dal passivo  -7,8 milioni a un attivo di oltre 34 in dodici mesi. Ma l’opera viene «spesso apertamente contrastata, a volte chiaramente boicottata». Tanto che passano pochi mesi e parte «una campagna stampa contro di me e azioni per screditarmi presso i superiori, per impedire la mia successione al cardinale presidente Lajolo, tanto che ormai è stata data per scontata la mia fine». Nel mirino di Viganò degli articoli ritenuti diffamatori usciti su Il Giornale che sarebbero stati confezionati ad hoc  per delegittimarlo. Articoli non riconosciuti dal vaticanista del quotidiano dell’epoca, Andrea Tornielli. Articoli non firmati ma Alessandro Sallusti, il direttore, respinge che si tratti di una manovra denigratoria: “Avevamo all’interno del Vaticano  un insider che scriveva per noi». Quegli articoli sarebbero uno degli strumenti della congiura denunciata dal monsignore. Nel carteggio, Viganò indica anche i nomi e cognomi dei congiurati. Monsignori e laici che avrebbero tramato per interrompere la pulizia su appalti e forniture. Tra questi Viganò indica anche un nome ormai noto alle cronache, il giovanissimo Marco Simeon, amico del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, direttore dei rapporti istituzionali della Rai, consigliere in una fondazione in Vaticano. Simeon batte ogni record in una carriera folgorante: da Genova viene proiettato da giovanissimo all’ombra di Cesare Geronzi prima in Capitalia poi in Mediobanca, tanto da diventare uno dei pontieri da Santa Sede e istituzioni italiane. Non da ultimo persino al professor Mario Monti   viene raccomandato per incarichi nell’attuale governo.  Simeon smentisce, Viganò rimane vittima dell’antico detto «promoveatur ut amoveatur» ed è diplomatico a Washington ma la storia è solo all'inizio 

2012-05-22

Con gli italiani in piena crisi di liquidità è boom delle Agenzie di debiti, attenzione alle truffe


Italiani sempre più strozzati dai debiti, ma contro la morsa di Equitalia aumenta il numero di chi corre ai ripari. Sono oltre 300 mila le persone che si rivolgono alle agenzie di debiti, società che promettono di liberare dalla stretta dei creditori in cambio di una piccola o grande percentuale. Un fenomeno che la crisi sta trasformando in un giro d'affari milionario: solo nell'ultimo trimestre sono più che raddoppiati i potenziali clienti.
E la recessione è solo all'inizio. “Complice la crisi economica, riceviamo in media 20 mila richieste di aiuto al mese, provenienti da tutta Italia, per un totale annuo di circa 240 mila”, dice all'Adnkronos Massimiliano Mapelli, responsabile del ramo Civile di Agenzia Debiti. “Confrontando l'ultimo trimestre 2011 con il primo del 2012, l'aumento è del 67%”. Un boom confermato da Guido Rini, responsabile di Assistenza Debiti, start up nata a metà 2011 con sede operativa a Milano, Roma e Taranto. “Riceviamo -spiega- 200 richieste al giorno in media, tra contatti web e numero verde. Ciò corrisponde a 4.000 contatti mensili ovvero 40.000- 50.000 l'anno”. Numeri da sommare alle altre realtà più piccole per un business su cui le associazioni di consumatori lanciano l'allarme. Il rischio, sostengono, è di aggravare il deficit di chi già non riesce a far quadrare il bilancio.
Accordi stragiudiziali per debiti contratti con finanziarie e banche, consulenze per difendere i patrimoni dai creditori, cancellazione delle segnalazioni dal registro dei protesti e dalle banche dati dei cattivi pagatori sono alcuni dei servizi offerti. Il tutto dietro la promessa, in alcuni casi, di una riduzione del debito anche del 70%. Una boccata di ossigeno, ma non gratis. L'apertura della pratica, ossia l'acquisizione dei documenti e una prima valutazione, costa al cliente da 390 a 1.000 euro. In caso di accordo bisogna aggiungere una percentuale del 10% circa dell'importo transato con banche e finanziarie. Per la cancellazione dalle banche dati, invece, la spesa si aggira sui 1.000- 2.000 euro.
In cima alla lista dei clienti “la famiglia monoreddito, in cui magari uno dei due coniugi ha perso il lavoro, con più finanziamenti in corso e vulnerabili finanziariamente, magari con una rata mensile che supera il 30% dello stipendio netto”, sottolinea Mapelli. Le richieste più numerose arrivano da “Lazio, Lombardia, Campania e Sicilia” ma non mancano dal resto d'Italia. Più forte la richiesta 'personale’: 85% i clienti privati, 15% le imprese, tipicamente società di persone. Per Assistenza Debiti la ripartizione dei clienti, invece, “è pressochè omogenea” sul territorio, mentre la distinzione tra privati e imprese vede i primi al 60% e le aziende al 40%. Se la crisi non risparmia nessuno, non manca, in un settore nuovo e poco regolamentato, il rischio che qualcuno speculi sulle paure.
Un pericolo sempre maggiore: il numero dei potenziali debitori-clienti cresce ogni giorno. “Con un Pil negativo previsto per tutto il 2012, è altamente probabile una crescita della vulnerabilità finanziaria delle famiglie italiane e quindi un maggiore ricorso ai nostri servizi”, ammette Mapelli responsabile del ramo Civile di Agenzia Debiti. Un business “sull'angoscia e sulla disperazione” su cui il presidente di Adusbef, Elio Lannutti, chiede al governo di vigilare: “si dovrebbero rafforzare le norme penali per reprimere, con pene severissime, gli sciacalli e gli approfittatori”, dice all'Adnkronos. Dopo aver presentato delle interrogazioni parlamentari sul tema, ancora senza risposta, e aver denunciato in Procura e all'Antitrust una di queste agenzie, punta il dito contro i “soggetti spregiudicati che fingono di aiutare i debitori, finendo per aggravare la situazione e invece di condurre a una riduzione del debito, lo fanno aumentare con richieste che rasentano l'estorsione”. Chi si rivolge alle agenzie di debiti “è disperato e per di più ignorante delle norme e delle possibilità di gestione della sua situazione, non ha alternative -spiega Giuseppe Mermati, consulente finanziario dell'Unione nazionale consumatori-. È disposto ad accettare qualunque soluzione”, con il rischio di “venire preso in giro pagando un compenso per ottenere, spesso, un risultato non significativo o, in alcuni casi, ottenibile in proprio”. Accuse che le agenzie di debiti respingono. In attesa di un organo di vigilanza ad hoc, meglio per tutti tenere gli occhi ben aperti.

2012-05-20

Sarmizegetusa , una città antica di 200 kilometri quadrati


Sui Monti Orastiei in Romania un’autentica metropoli, che si estende per 200 chilometri quadrati, attende di essere portata alla luce dagli anni Novanta.
I templi daci dei Monti Orastiei sono tra le più importanti vestigia della nostra storia, anche se oggi costituiscono un’attrattiva più per i cercatori di tesori o per gli “yoghi” che non per classici turisti. Con il decorrere dei secoli, dei santuari edificati dagli antenati del popolo romeno è rimasta solo qualche rovina.
Così come la città proibita di Machu Picchu, l’insediamento noto con il nome di Sarmizegetusa è ancora avvolto nel mistero. L’ipotesi formulata più di recente circa questo luogo, del quale abbiamo imparato a scuola che fu la capitale dello Stato dacico, è che esso costituisce solo una piccola parte di un’enorme città, appunto di circa 200 chilometri quadrati.

Un insediamento grande quanto l’attuale Bucarest
La storia inizia nel 1993, quando la Romania lanciò una vasta campagna di valorizzazione delle fortezze daciche di Gradistea e di verifica delle informazioni fornite dagli storici, secondo i quali qui sarebbe esistita una metropoli paragonabile alle grandi città del mondo antico. Queste ricerche, avviate dai ministeri dei Lavori pubblici, della Cultura e della Ricerca, avevano come preciso scopo la delimitazione fisica del complesso fortificato con metodi diversi rispetto ai classici scavi archeologici.
I risultati, che non sono mai stati pubblicati ufficialmente, sono scioccanti: le fortificazioni non rappresentano solo città disparate, collocate sulle cime delle montagne, ma un insieme compatto, un vasto insediamento militare e civile, con differenti nuclei, esteso su di una superficie grande circa quanto l’attuale Bucarest.

Ogni terrazzamento aveva un muro di difesa
La maggior parte delle vestigia è ancora sotto terra. Le prime dichiarazioni delle persone coinvolte in questi studi sono state fatte dal generale di divisione Vasile Dragomir, in una serie di articoli apparsi sulla stampa di quegli anni. Secondo il generale, la scoperta era stata fatta dall’esercito, che cercava nelle zone montuose siti dove poter allestire campi militari. È così che furono scoperti gli edifici, ma anche le cinte sotterranee che hanno scioccato i ricercatori.
Secondo i dati dello studio, la residenza dei re daci era situata sul massiccio Sureanu, che discende verso est, mentre a nord e a ovest nel Podisul Transilvaniei, tra i fiumi Sebes e Strei. «Ogni picco di questa montagna è stato terrazzato dal basso verso l’alto. Ogni terrazzamento, che era abitato, era difeso da dei muri. Sulle vette sono state costruite una o più città fortificate. Si arrivò sino a qui in modo che ogni isolato di ciascun agglomerato urbano più grande fosse a sua volta difeso da un muro», scriveva Dragomir.

Solo il 5% è venuto alla luce
Il fatto che l’insediamento dacico che conosciamo non rappresenti se non una piccola parte dell’antica metropoli da oltre duemila anni è confermato anche dal responsabile del sito archeologico, il professor Ioan Piso. «Meno del 5% di ciò che costituisce Sarmizegetusa Regia è stato portato alla luce. C’è bisogno di un ampio progetto per svelare ciò che esiste qui», ha dichiarato. L’ipotesi più entusiasmante è però che la metropoli dei Monti Orastiei comprenda anche una rete di cinte sotterranee. Nella zona di Vartoape, su di una superficie di circa quattro chilometri quadrati, esistono settantacinque cavità coniche di differenti dimensioni, alcune con un diametro che raggiunge i settanta metri.
Gli strumenti di misurazione hanno individuato molte cinte a forma di parallelepipedo che comunicano tra di loro come le camere di un’abitazione. Si tratterebbe di spazi naturali modificati dall’uomo. Da queste cinte si dipartono molti tunnel in direzione delle vicine montagne, talune parzialmente franate.

Lo scetticismo di alcuni ricercatori
Iosif Ferencz, ricercatore scientifico presso il Museo della Civiltà daco-romana, si dice scettico circa questa ipotesi: «Certamente a Sarmizegetusa Regia esistono fortificazioni terrazzate risalenti all’epoca dei Daci. Avevano una funzione di difesa ed erano in legno. Sono stato anche in quelle cinte sotterranee di cui ha parlato il generale Dragomir, ma si tratta di altro che non di anfratti i quali non hanno nessuna connessione con i tunnel costruiti dall’uomo. Alcune sono crollate, tra l’altro». Ferencz aggiunge che Sarmizegetusa è la più importante pagina della nostra storia, ma la storia non significa teorie cospirazioniste.

Daci, yoghi  e bracconieri
Sino alla risoluzione dell’enigma, gli adepti del Movimento di integrazione spirituale nell’Assoluto, fondato dal controverso Gregorian Bivolaru, considerano il tempio dacico dei Monti Orastiei un luogo ideale per la meditazione. Gli “yoghi” credono che qui si trovi una porta per entrare in comunicazione con un mondo parallelo. «Nel complesso di Sarmizegetusa, il luogo più carico dal punto di vista della risonanza con la terra di Shambala è proprio con il “Sole di andesite” o il disco solare. In questa zona si evidenzia una carica vitale del tutto eccezionale, evidenziata anche dalla dimensione superiore alla media della vegetazione attorno al santuario dacico», leggiamo nel sito internet ufficiale del movimento (Misa).

Un bracciale dacico da 250mila euro
Sarmizegetusa è però anche centro dello sciacallaggio archeologico. Gli echi del celebre dossario sui “bracciali daci” dei Monti Orastiei, in parte recuperati dallo Stato romeno, non si sono ancora estinti. Collezionisti statunitensi e dell’Europa occidentale hanno pagato oltre quattro milioni di euro per quindici bracciali daci di oro massiccio. Ma Iulian Ceia, considerato il principale artefice dell’operazione, è latitante, motivo per cui il ricorso al processo in cui l’uomo è stato condannato dal Tribunale di Hunedoara a dodici anni di prigione, si sta prolungando all’infinito.

Dossario penale per il presidente del Consiglio distrettuale
Circa un anno fa, tutta la fatica degli archeologi è stata vanificata dagli operai di un’azienda, che entrarono coi bulldozer in Sarmizegetusa e precisamente dalla Porta Ovest. L’operazione fu avviata sulla base di un progetto approvato dal presidente del Consiglio distrettuale di Hunedoara, Mircea Molot, che prevedeva l’allestimento di un parcheggio per i turisti.
L’intera vicenda è stata rivelata al grande pubblico da Adriana Pescariu, vicepresidente della Commissione nazioanle archeologica. «L’accesso alla città è distrutto per trenta metri. È possibile, stando al ritrovamento di materiale ceramico rinvenuto in questo luogo, che siano entrati [con i bulldozer, ndr] anche nella zona di alcune abitazioni daciche identificate negli anni Ottanta», ha detto la Pescariu. In seguito a questo incidente, i procuratori hanno redatto un dossario penale sul presidente dell’amministrazione distrettuale, dossario che non è stato ancora terminato.


Sarà la luce che porterà le informazioni nel computer del futuro


Brevettato il dispositivo che permetterà il passaggio delle informazioni quantistiche nei pc del futuro. La scoperta, realizzata da ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifn-Cnr), La Sapienza Università di Roma e Politecnico di Milano, sarà presentata sulla rivista Nature Communications
Si chiama Cnot ed è il cuore dell’informazione quantistica, la porta logica del computer del futuro che per funzionare userà i fotoni, cioè la luce invece degli elettroni. A realizzarla una collaborazione fra l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifn-Cnr), il gruppo di ottica quantistica della Sapienza e il Politecnico di Milano.
Il dispositivo, di cui è stato depositato il brevetto, è costituito da un chip di vetro delle dimensioni di un paio di centimetri sul quale viene scritto un circuito integrato che guida la luce rendendo possibile il passaggio dei quanti di informazione quantistica (qu-bit). La fabbricazione della porta logica nel vetro è stata realizzata grazie a una tecnica innovativa che utilizza impulsi laser di brevissima durata (circa 100 milionesimi di miliardesimi di secondo) come “penna ottica” per scrivere direttamente nel chip i circuiti ottici necessari per l’elaborazione dei qubit.
“Questa sofisticata tecnologia – afferma Roberto Osellame, primo ricercatore dell’Ifn-Cnr – permette di realizzare circuiti ottici a sviluppo tridimensionale, non ottenibili con altre tecnologie, che consentono di implementare architetture innovative e di integrare in un singolo dispositivo sistemi di complessità sempre maggiore”. Viene così realizzato un componente essenziale e miniaturizzato dell’hardware dei futuri computer quantistici, che saranno caratterizzati dalla capacità di effettuare con grande velocità di calcolo operazioni di complessità inaccessibile ai computer classici.
“La manipolazione dell’informazione quantistica attraverso i fotoni – afferma Paolo Mataloni, docente di ottica quantistica alla Sapienza – rappresenta un’importante sfida tecnologica poiché richiede la capacità di controllare ciascun sistema quantistico con estrema precisione. A questo scopo sono necessari sistemi ottici di crescente complessità, formati da un grande numero di interferometri, che rappresentano l’elemento base della tecnologia ottica. L’uso di sistemi miniaturizzati integrati in guida d’onda permette di lavorare con perfetta stabilità di fase, con un enorme vantaggio rispetto ai sistemi tradizionali basati su specchi e altri elementi ottici convenzionali”.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, apre prospettive promettenti non solo nel campo dell’informazione e della computazione quantistica ma anche in quello della simulazione quantistica: questi dispositivi infatti possono essere utilizzati per simulare in laboratorio il comportamento di determinati fenomeni fisici difficilmente accessibili alla sperimentazione diretta.
Le implicazioni della simulazione quantistica vanno dallo studio del trasporto e transizioni di fase in sistemi a stato solido, allo studio della dinamica del processo di fotosintesi, alla simulazione delle interazioni fra le particelle elementari.
“Utilizzando la tecnologia integrata – sostiene Fabio Sciarrino del team di ricerca e docente di Informazione quantistica – abbiamo molto recentemente studiato il moto di due particelle, bosoni o fermioni, in un reticolo: un fenomeno denominato ‘quantum walk’. Questo è un primo passo verso scenari più complessi, il nostro obiettivo è quello di investigare entro pochi anni problemi che non siano simulabili con un computer di tipo classico”.
La ricerca è stata finanziata da un progetto nazionale Prin del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Circuiti integrati per l’informazione quantistica) e dal progetto europeo Quasar (Quantum states: analysis and realizations).

Si possono prevedere i terremoti? Il caso Bendandi

Un ricercatore indipendente, amato sostenuto ma anche censurato. Raffaele Bendandi, alla fine dell'ottocento era un artigiano, amato da molti ma da altrettanti inviso e ridicolizzatoLottò per tutta la vita per scoprire se e come era possibile prevedere i terremoti. Non solo teorie, ma applicazioni attraverso strumenti, tutti oggi ancora funzionanti, uno solo operativo. Strumenti che Bendandi mise a punto grazie alla sua esperienza di artigiano, costruendo sismografi.
Paola Lagorio, presiede l'associazione “La Bendandiana” che raccoglie i fogli, gli studi di Bendandi. Sulle carte del ricercatore si trovano le risposte, le sue previsioni. B Per Raffaele Bendandi l'origine di un terremoto è cosmica, quando nel giro mensile di una rivoluzione lunare l'azione del nostro satellite va sommarsi a quella degli altri pianeti, da qui la prevedibilità esatta dei terremoti
Ma veniamo a quella previsione, o presunta tale, secondo cui un sisma devastante dovrebbe colpire Roma l' 11 maggio del 2011 ( cosa fortunatamente non avvenuta ).Di fatto però Bendandi ad un certo punto della sua vita decise di distruggere con il fuoco le sue carte previsionali, per poi avere un improvviso ripensamento che lo portò a salvare brandelli di suoi documenti. Lì vengono riportati numeri e considerazioni numeriche, lì appare la data del 2011.
Dice Paola Lagorio “nulla in queste carte riporta a luoghi o date precise,” non ci sono quindi notizie circa un eventuale sisma nel 2011 a Roma, nella data dell'11 maggio.
Nessuna previsione, nessuna notizia del terremoto appena avvenuto in Giappone, ma a riflettere alcuni istanti sorprende un dato “11 marzo 2011” è la data del terribile sisma nipponico, ritornano quindi due date l'11 e il 2011.
Non abbiamo gli strumenti per affermare nulla, ma sorprenderci possiamo. Cercheremo di approfondire nei prossimi giorni se, ed eventualmente in che modo, ci possano essere state previsioni di un sisma in un'area diversa da Roma, ma in una data non troppo dissimile da quella di cui si sente parlare. Se così fosse sarebbe bene approfondire la sostanza dei numeri apparsi sulle carte di Bendandi.

Bendandi realizzò strumenti tecnici per le previsioni e strumenti che tutti oggi cercano di mettere a punto. Come riporta Elena Dusi di Repubblica, in California esiste il "Gruppo di studio sulle probabilità di un terremoto in California" (Wgcep) che fa capo all'università della California del sud. I ricercatori che ne fanno parte hanno calcolato che la California del sud sarà colpita da un sisma di magnitudo 6,7 o superiore nei prossimi trent'anni con una probabilità del 99%. Informazione dir elativa utilità che non consente quindi di prevederené esattamente dove né esattamente quando.


In Giappone invece alla regione di Tohoku, quella colpita dal devastante sisma dell'11 marzo, era stato applicato un algoritmo per la valutazione del rischio di terremoti con magnitudo superiore a otto. L'elaborazione – spiega la Dusi su Repubblica- “ è stata fatta dal computer in base a dati geologici presi sul terreno, e nel luglio del 2010 aveva previsto un allarme elevato nella zona a nord-est dell'arcipelago. Ma pochi mesi dopo, uno dei parametri utilizzati era sceso di poco sotto la soglia. Risultato: l'allarme per la regione di Tohoku era stato cancellato a gennaio del 2011, esattamente due mesi prima del sisma.”

I modelli, sia giapponesi che californiani, per quanto molto diversi per tecniche e livello di attendibilità scientifica, di fatto mostrano ancora una volta l'imprevedibilità dei terremoti.

2012-05-06

Anche nelle guerre è importante la matematica


Le guerre si assomigliano un po’ tutte. Non è retorica da quattro soldi ma un’affermazione dei ricercatori dell’Università di Miami, in Florida, che hanno provato a considerare i conflitti da un punto di vista matematico. Trovando - riportano gli studiosi sulle pagine di Nature - che il numero delle vittime e la tempistica degli eventi bellici sono legati a una sorta di legge universale. Secondo il modello matematico, infatti, esisterebbe uno schema comune a tutti i conflitti che permette di predire queste variabili, indipendentemente da tutti gli altri fattori, come la politica e la geografia.
Primo autore dello studio è il fisico Neil Johnson, che è partito dai dati di uno studio precedente, (condotto da Juan Camilo Bohorquez dell’Università delle Ande di Bogotá) su 54.679 mila attacchi  avvenuti durante le nove guerre in Afghanistan, Peru, Colombia, Indonesia, Iraq, Israele, Irlanda del Nord, Senegal e Sierra Leone. Johnson e colleghi hanno assemblato le informazioni su tempistiche, date, numero di vittime (da un singolo assassinio sulle strade di Bogotà a circa mille morti nell’agosto del 2005 a Baghdad, durante la fuga indotta da un attacco terroristico).
Messi su un grafico, questi dati mostrano che le tempistiche degli attacchi di tutte e nove le guerre appaiono davvero simili. Piuttosto che distribuirsi in modo casuale, gli eventi si verificano “a gruppi”, e anche i giorni di maggiore violenza (alto numero di vittime) sono vicini nel tempo. Ancora più sorprendente: la “magnitudo” della violenza di ciascuno conflitto segue la cosiddetta “legge di potenza”, una relazione tra due variabili che si incontra spesso nei fenomeni fisici come i terremoti; in questo caso, per esempio, la legge predice la ripetizione di un evento di magnitudo molto alta dopo un certo periodo di tempo. Allo stesso modo, nel caso degli attacchi terroristici la legge determina la probabilità con cui si presenteranno gli eventi di diversa magnitudo (10, 100 o 1000 morti, per esempio). Dalla analisi emerge, così, che un attacco con dieci vittime può verificarsi 316 di più che uno con cento.

Per cercare di spiegare il meccanismo che sottosta a questo schema, i ricercatori hanno preso in prestito un modello economico: tutti gli aventi bellici sono trattati come piazze di mercato – in cui gruppi di persone decidono ininterrottamente come agire e, piuttosto che coordinarsi, guardano le notizie. La grandezza della carneficina riportata ogni volta dai media determina la probabilità che un altro gruppo tenterà l’attentato e la sua portata.
Dopo aver creato diecimila guerre virtuali con il modello matematico, i ricercatori hanno ritrovato lo stesso schema dei nove conflitti reali considerati; gli attacchi nel corso del conflitto – dal più piccolo al più grande - mostrano sempre la stessa distribuzione. “C’è una sorta di regola generale con cui gli esseri umani conducono i conflitti, indipendentemente dall’appartenenza etnica, dalla geografia del luogo e dalle motivazioni che guidano le persone”, hanno commentato gli autori.
Lo schema esisterebbe, quindi, perché le varie guerriglie sono portate avanti da gruppi diversi che non si coordinano tra loro. I ricercatori assumono, inoltre, che i gruppi si formino e si frammentino quando avvertono un qualche pericolo, e che colpiscano sempre in modo da massimizzare la loro visibilità sui dei media, di cui si contendono l’attenzione.

2012-05-05

I nomi dei 94 senatori che hanno votato a favore degli stipendi d'oro


Qualche giorno fa un fatto clamoroso ha scosso il Senato. Nella votazione sui tagli alle pensioni d’oro ai supermanager pubblici il governo (che voleva difenderle) è stato battuto grazie da un emendamento di Idv e Lega. Sorprendentemente, la maggioranza dell’Aula si è dichiarata favorevole ad intervenire sul trattamento pensionistico dei burocrati di Stato che oggi godono di stipendi favolosi e domani avrebbero goduto di pensioni altrettanto favolose.  Forse, finalmente, si sono resi conto che in un momento in cui tutti gli italiani vengono chiamati a grandi sacrifici togliere qualche euro ai boiardi di Stato, che oggi percepiscono, come il presidente dell’Inps o quello di Equitalia, stipendi fino a 1.200.000 euro all’anno (pagati da noi) sarebbe stato un atto minimo di equità.
Befera , amministratore equitalia, stipendio euro 456.733


E tuttavia, in 94 si sono battuti come leoni contro quell’emendamento e a favore del mantenimento delle pensioni d’oro. Tutto il Pd, ad eccezione di sette senatori che, in uno scatto di dignità, hanno votato contro. Ad esprimersi a favore dell superpensioni dei manager pubblici troviamo, per esempio, figure del calibro di Anna Finocchiaro, Enzo Bianco, Maurizio Gasparri o Pietro Ichino, lo stesso che va in giro a predicare il superamento del divario tra le generazioni.
Non è stato facile trovare i nomi dei 94. Nessuno li ha pubblicati o diffusi, forse pensando così di occultare un dato importantissimo e imbarazzante. Noi invece pensiamo che gli elettori debbano sapere come si muovono i propri rappresentanti dentro il Parlamento, perché è lì, nei meandri dell’attività parlamentare, che va giudicato il loro lavoro e non sui giochetti retorici nei salotti tv.
Ecco i nomi dei senatori che sono ed hanno votato  a favore dei super super super stipendi

 1) Adamo Marilena (Pd)
2) Adragna Benedetto (Pd)
3) Agostini Mauro (Pd)
4) Armato Teresa (Pd)
5) Astore Giuseppe (Gruppo Misto)
6) Baio Emanuela (Api)
7) Barbolini Giuliano (Pd)
8) Bassoli Fiorenza (Pd)
9) Bastico Mariangela (Pd)
10) Enzo Bianco (Pd)
11) Biondelli Franca (Pd)
12) Blazina Tamara (Pd)
13) Filippo Bubbico (Pd)
14) Antonello Cabras (Pd)
15) Anna Maria Carloni (Pd)
16) Maurizio Castro (Pdl)
17) Stefano Ceccanti (Pd)
18) Mario Ceruti (Pd)
19) Franca Chiaromonte (Pd)
20) Carlo Chiurazzi (Pd)
21) Lionello Cosentino (Pd)
22) Cesare Cursi (Pdl)
23) Mauro Cutrufo (Pdl)
24) Cristina De Luca (Terzo Polo)
25) Vincenzo De Luca (Pd)
26) Luigi De Sena (Pd)
27) Mauro Del Vecchio (Pd)
28) Silvia Della Monica (Pd)
29) Roberto Della Seta (Pd)
30) Ulisse Di Giacomo (Pdl)
31) Di Giovan Paolo Roberto (Pd)
32) Cecilia Donaggio (Pd)
33) Lucio D’Ubaldo (Pd)
34) Marco Filippi (Pd)
35) Anna Finocchiaro (Pd)
36) Anna Rita Fioroni (Pd)
37) Marco Follini (Pd)
38) Vittoria Franco (Pd)
39) Vincenzo Galioto (Pdl)
40) Guido Galperti (Pd)
41) Maria Pia Garavaglia (Pd)
42) Costantino Garraffa (Pd)
43) Maurizio Gasparri (Pdl)
44) Antonio Gentile (Pdl)
45) Rita Ghedini (Pd)
46) Giai Mirella (Gruppo Misto)
47) Basilio Giordano (Pdl)
48) Claudio Gustavino (Terzo Polo)
49) Pietro Ichino (Pd)
50) Cosimo Latronico (Pdl)
51) Giovanni Legnini (Pd)
52) Massimo Livi Bacci (Pd)
53) Andrea Marcucci (Pd)
54) Francesca Maria Marinaro (Pd)
55) Franco Marini (Pd)
56) Ignazio Marino (Pd)
57) Marino Mauro Maria (Pd)
58) Salvatore Mazzaracchio (Pdl)
59) Vidmer Mercatali (Pd)
60) Riccardo Milana (Terzo Polo)
61) Francesco Monaco (Pd)
62) Enrico M0rando (Pd)
63) Fabrizio Morri (Pd)
64) Achille Passoni (Pd)
65) Carlo Pegorer (Pd)
66) Flavio Pertoldi (Pd)
67) Lorenzo Piccioni (Pdl)
68) Leana Pignedoli (Pd)
69) Roberta Pinotti (Pd)
70) Beppe Pisanu (Pdl)
71) Donatella Poretti (Pd)
72) Raffaele Ranucci (Pd)
73) Giorgio Roilo (Pd)
74) Nicola Rossi (Pd)
75) Antonio Rusconi (Pd)
76) Gian Carlo Sangalli (Pd)
77) Francesco Sanna (Pd)
78) Giacomo Santini (Pdl)
79) Giuseppe Saro (Pdl)
80) Anna Maria Serafini (Pd)
81) Achille Serra (Terzo Polo)
82) Emilio Silvio Sircana (Pd)
83) Albertina Soliani (Pd)
84) Marco Stradiotto (Pd)
85) Antonino Strano (Pdl)
86) Salvatore Tomaselli (Pd)
87) Giorgio Tonini (Pd)
88) Achille Totaro (Pdl)
89) Tiziano Treu (Pd)
90) Simona Vicari (Pdl)
91) Luigi Vimercati (Pd)
92) Vincenzo Vita (Pd)
93) Walter Vitali (Pd)
94) Luigi Zanda (Pd)