2013-11-17

Chi ha inventato PEPPA PIG ?

Per chi non avesse figli, o li avesse grandicelli, è giunto il momentodi una spiegazione. Peppa Pig è il nome di un cartone animato britannico, prodotto dalla Astley Baker Davies, distribuito dal 2004 dalla E1 (la società che ha prodotto i film di Twilight) e arrivato in Italia nel 2010. A crearla sono stati in tre: Phil Davies (produzione e dialoghi), Mark Baker (disegni e storia) e Neville Astley (storia e animazione). All'inizio rifiutato dalla Bbc, ha avuto successo grazie ai canali Channel 5 e Nick Jr. ed è ora distribuito in 180 Paesi. Un lungo articolo del Financial Times ha ricostruito tutta la vicenda della produzione. 
La protagonista è una maialina di quattro anni, che vive in piccolo paese britannico con la sua famiglia: la madre, Mamma Pig, il padre, Papà Pig e il fratellino George di due anni. Poi ci sono Nonno Pig, Nonna Pig e una serie di amici di altre specie animali: Susy Pecora, Rebecca Coniglio, Danny Cane, Pedro Pony, Emily Elefante e così via. In inglese ogni iniziale del nome corrisponde a quella della specie animale. Tutte queste bestiole non fanno alcunché di speciale: vanno all'asilo, fanno qualche gita nel bosco o feste di compleanni. Talvolta ci sono momenti di dramma, quando si perde un pupazzo a forma di dinosauro o quando il papà non trova gli occhiali. Ma ogni problema si risolve e ciascuna puntata finisce con i personaggi spanciati a terra dal ridere o intenti al loro piacere preferito: saltare nelle pozzanghere di fango. Il tutto viene raccontato in puntate di cinque minuti e cinque secondi, con disegni bidimensionali di una semplicità imbarazzante. 

Al netto di un un grande ritmo, c'è poco di spettacolare: niente 3D, niente sfumature di colori, niente pollici opponibili o altri dettagli realistici. L'auto sale sulle colline dritto per dritto, come se superasse una duna nel deserto, il cielo ha i raggi gialli, le case sono come le rappresenterebbe un bambino di quattro anni. Questa semplicità all'inizio confonde i genitori o i profani totali. «Come può questo orrore piacere così tanto ai bambini?» è la domanda che inevitabilmente salta fuori, sulle prime. Una risposta la dà uno che del personaggio se ne intende, Francesco Raiano, manager che segue lo sviluppo del licensing di Peppa Pig in Italia, per conto di Ets. «Questo stile finto semplice, che rifugge volutamente le tecniche 3D, è una delle chiavi del successo – racconta -. I disegni piatti e i colori altrettanto piatti e pieni, e soprattutto i dialoghi semplici sono rassicuranti per i bambini. Così come lo è il fatto che possano costantemente ritrovare nelle avventure la propria quotidianità. Ci sono solo due elementi di distonia rispetto alla realtà: i maiali grugniscono a ogni frase e festeggiano, appena possibile, saltando nel fango. Un gesto che piace ai bambini e che, tuttavia, non desta preoccupazione».
Tutto qui il segreto del successo di Peppa Pig? Perché di successo incontestabile si sta parlando. Lo dimostrano alcuni dati. Ogni giorno, in Italia, 500mila bambini tra i 3 e gli 8 anni guardano Peppa Pig, tra il mattino, il pomeriggio e la sera. «Nei giorni con audience maggiore, si arriva a 600mila. In altre parole, un bambino su due in target, tra quelli che guardano la tv, la vedono», dice Raiano. Rai Yoyo, il canale Rai che trasmette il cartone, assieme a Disney Junior, raddoppia il proprio share durante i vari passaggi nella giornata. «Dei 34 canali tematici tra satellite e digitale terrestre dedicati ai bambini – aggiunge – grazie a Peppa Pig Rai Yoyo è diventato il più visto nella fascia di audience tra i 3 e gli 8 anni, raggiungendo livelli che poteva permettersi soltanto Italia Uno, prima della proliferazione dei mille canali digitali». A questi dati vanno sommate le visualizzazioni su Youtube: le puntate più viste contano da 1 a 4 milioni di visite. 




Un'affermazione che non poteva non riflettersi anche nel mondo del merchandising. All'inizio furono i libri. Giunti Kids fiutò il fenomeno con grande anticipo, quando i numeri del Regno Unito cominciavano a esplodere, ricalcati poco dopo da quelli in Spagna. «Abbiamo iniziato a valutare il Personaggio nel “lontano” 2009 e acquisito i diritti l’anno successivo, anno in cui il Digitale Terrestre non era ancora presente in tutta Italia, dunque la serie a cartone animato del personaggio non aveva la diffusione e la capillarità attuale», racconta Beatrice Fini, direttore editoriale di Giunti Editore. «Siamo stati tra l’altro per molto tempo licenziatari unici mentre adesso, da qualche mese, il mercato si è arricchito da altre licenze in diverse categorie merceologiche amplificando il successo del character». A oggi Giunti ha a catalogo di una quindicina di titoli dedicati a Peppa e molte sono le novità di prossima uscita in lavorazione.

«A fine maggio eravamo a 4.300.000 copie vendute e contiamo di inviare sul mercato molte altre centinaia di migliaia di copie da qui alla fine dell’anno», aggiunge. «Tre titoli hanno superato il mezzo milione di copie ciascuno e i titoli di Peppa Pig regnano incontrastati sulle classifiche generali dei libri più venduti da moltissimi mesi, arrivando anche a coprire contemporaneamente le prime 10 posizioni».
Non ci sono solo i libri. Per chi ci ha fatto caso, all'inizio sono spuntate le magliette. Poi i cappellini. All'improvviso nei supermercati sono spuntati fazzoletti, biscotti al cioccolato e patatine con i maialini rosa e i loro amici. Le feste rionali si riempivano di palloncini con Peppa Pig in bicicletta, che superavano in numero di Barbapapà. A carnevale famiglie burlone sfilavano in formazione vestiti da Peppa, genitori e fratellino. E non era ancora arrivata l'estate: secchielli, palline di plastica, peluche, puzzle, libri con cd di canzoncine (destinate a riempire ogni viaggio in auto) e ancora infinite magliette. Una buona fetta di queste, spiega con un po' di rammarico Francesco Raiano, sono contraffatte e vanno a danneggiare il business del concessionario ufficiale, “Accademia”, azienda tessile di Prato. Ma nel mare magnum del merchandising questo conta poco. Oggi i prodotti a marchio Peppa Pig sono in Italia 150-160, distribuiti tra 40 licenziatari, che ottengono i diritti dalla Ets (la quale a sua volta lavora su licenza dell'inglese E1).
Alla fine del 2013, stima, il valore del licensing di Peppa Pig dovrebbe aggirarsi tra i 100 e i 120 milioni di euro, solo in Italia. «Siamo a metà strada, pensiamo che possa crescere ancora». In effetti se uno pensa alla popolarità del personaggio, i prodotti in Italia sono relativamente pochi, se confrontati con fenomeni passati come i Gormiti, le Winx o la contestata (dalle femministe, soprattutto) Hello Kitty, gatta senza bocca e sempre abbinata a faccende di casa, come una remissiva donna di casa giapponese. Solo quest'anno, dice il responsabile di Ets, sono partiti gli astucci e gli zaini per la scuola, andati pare esauriti in breve tempo. «Oggi sono pochi nel mercato i marchi che vanno bene – sottolinea Raiano -, oltre a Peppa Pig ci sono solo Violetta, della Disney, e le Tartarughe Ninja. Questo ha fatto sì che ci fosse una corsa da parte dei licenziatari ad accaparrarsi le licenze».
Nel Regno Unito il valore del merchandising ha toccato nel 2010 i 200 milioni di sterline (circa 300 milioni di euro) ed è stabile da allora. I piccoli consumatori (da 2 a 6 anni per i maschi, da 2 a 7 per le bambine, che rappresentano il 60% degli acquirenti) si sostituiscono senza flessioni e spesso qualche ricordo rimane anche per chi cresce, come sembrano dimostrare i numeri alti di suonerie per cellulari scaricate con la siglia di Peppa Pig. In Inghilterra, a Paultons Park, Hampshire, nell’aprile del 2011, è stato creato il parco a tema Peppa Pig World. In Italia una società di organizzazione eventi, la Kimbe, di Melzo (Mi), ha organizzato diversi incontri. Msc ha effettuato un test di un “format crociere” con un pupazzo di Peppa Pig che accoglieva i bambini a bordo, li intratteneva matitna e pomeriggio e li accompagnava a dormire. Stanno valutando se ripetere e istituzionalizzare l'esperimento.
Appurato il successo, rimane la domanda iniziale. Perché tanto clamore per un cartone tanto banale? Perché questo cartone diventa argomento di conversazione tra Linus e Nicola Savino in radio? Perché durante la Notte Rosa di Riccione 15mila persone sono andate a vedere saltellare il pupazzo di un maialino? Perché quando il "royal baby" è stato chiamto George tanti commenti hanno sottolineato che la zia, Pippa Middleton, si chiamava quasi come Peppa? Una prima risposta è che «in Italia, più che altrove, i genitori vedono la tv con i bambini. Questo ha generato un fenomeno di costume», spiega Raiano. Una seconda risposta è che non è poi così banale.
Ci sono infatti diversi elementi che arrivano, in maniera indiretta, anche ai genitori. Intanto, anche i genitori ritrovano la propria realtà, così come i figli. Quando devono comprare un mobile lo fanno via internet e lo montano da sé, come se lo acquistassero da un noto rivenditore svedese. La società in cui vivono è profondamente multietnica: non è un caso se le diverse specie animali hanno ciascuno un proprio verso e delle abitudini che li rende diversi dagli altri. Si insegna che i conigli vivono nelle tane, in case apparentemente diverse ma in fin dei conti simili alle nostre, come se si dovessero spiegare le abitudini di compaesani stranieri. La piccola Emily Elefante ricorda molto i bambini indiani o pakistani in Inghilterra, Pedro Pony racconta un giorno di strumenti musicali del Sud America.
I rapporti tra i genitori sono da 21esimo secolo: a cucinare è quasi sempre Papà Pig (che in cambio ottiene la libera uscita per il calcetto) e Mamma Pig lavora da casa con il telelavoro, cercando una difficile strada di work-life balance. In questo sono forse la versione anni 2000 dei messaggi (ben più didascalici) mandati negli anni '70 dai Barbapapà, dove non era un caso che il padre fosse rosa e la madre nera e dove il messaggio ambientalista (che oggi appare radicale, quasi da No Tav) era in sintonia con una nuova coscienza che si stava venendo a creare in quegli anni.
I messaggi pedagogici che colpiscono i genitori sono costanti e rispondono alle domande che ogni genitore si pone: quando bisogna essere fermi e quando cedere? Come rapportarci ai nonni? Quando smetterla di preoccuparci e buttarci anche noi nelle pozzanghere di fango? Come ha scritto Tito Faraci su Linkiesta, un prodotto per bambini ha successo se è per loro, ma non solo per loro.