Qualche mese dopo la morte la morte di Leonardo da Vinci, il pittore milanese Francesco Melzi , suo pupillo , tornò in Italia, essendo stato nominato erede universale portò con sé tutto quanto si trovava nelle stanze messe a disposizione del Maestro nel Castello di Amboise.
Il materiale ereditato consisteva essenzialmente nelle carte sulle quali Leonardo aveva per tutta la vita trascritto appunti e tracciato pensieri artistici e scientifici; come si può ben immaginare si trattava di una mole sterminata di fogli che interessavano i mille argomenti che nel corso della sua esistenza avevano occupato la mente di quello che ancora oggi è ritenuto il più grande genio mai apparso fra gli uomini.
Francesco Melzi tenne fedelmente con sé tutto il materiale, avendone grande cura fino allla morte, avvenuta nel 1570. Consultò e usò quel materiale per redarre il cosiddetto Libro di Pittura (noto anche come Trattato della Pittura) di Leonardo, raccogliendo in un unico manoscritto (il codice Urbinate 1270 della Biblioteca Apostolica Vaticana) scritti e pensieri sparsi del Maestro riguardanti la pittura, citando anche fogli che ora non sono più reperibili. Purtroppo i suoi eredi, in particolare il figlio Orazio, non furono altrettanto accurati nel mantenere quel lascito prezioso, abbandonando all’incuria e ai topi documenti dall’immenso valore. Solo quasi vent’anni dopo la morte di Francesco un prete amico di famiglia, don Lelio Gavardi, si rese conto di cosa ci fosse, malamente custodito, nella villa di Vaprio d’Adda e senza che nessuno gli movesse obiezioni sottrasse fascicoli di carte che poi, pentito, ebbe a consegnare al nobiluomo milanese, poi barnabita, Ambrogio Mazzenta. Quando il Mazzenta, che subito aveva capito il valore di ciò che si trovava in mano, si presentò da Orazio Melzi per riconsegnargli i fogli manoscritti, non solo si rese conto che l’altro non conosceva il valore del materiale che aveva davanti, ma lo invitava a prenderne altro. E così faceva con chiunque andasse a chiederne.
Lo scultore aretino Pompeo Leoni, figlio di Leone Leoni, allievo di Michelangelo, cui giunse voce dell’esistenza di quelle carte, e interessato soprattutto ai disegni di Leonardo da cui prendere spunti, si precipitò a farsi consegnare la gran parte del materiale rimasto nei solai della villa. Ma mentre il Leoni, in accordo con i Melzi, si appropriava di migliaia di fogli sciolti che poi in parte provvederà a rilegare secondo suo gusto (il Codice Atlantico), al Mazzenta rimasero la quasi totalità delle carte che presentavano rispetto alle altre una caratteristica singolare: già quando erano in possesso di Leonardo erano state rilegate in singoli dodici volumi; nella gran parte dei casi quando i fogli erano ancora intonsi, ed erano stati usati da Leonardo come quaderni per scrivere e disegnare. Gli eredi del Mazzenta cederanno questi volumi al conte Galeazzo Arconati, che già aveva acquistato il Codice Atlantico da Polidoro Calchi, genero ed erede di Pompeo Leoni. Nel 1637 il conte Arconati, con immensa generosità, donò tutto questo materiale alla Biblioteca Ambrosiana.
I dodici volumi ora conosciuti come Codici di Francia – due di grandi dimensioni, gli altri una sorta di quaderni che Leonardo sicuramente portava con sé per trascrivere pensieri o schizzi che gli venivano alla mente – rimasero nei locali della Biblioteca fino a quando Napoleone nel 1797 ne decise il trasferimento in Francia, e a differenza del Codice Atlantico non tornarono più in Italia. A Parigi negli anni successivi G.B. Venturi ebbe modo di esaminarli, dando loro un codice identificativo: le lettere dalla A fino alla M, con il quale ancora oggi sono conosciuti. I Codici A e B sono quelli di maggiore formato e hanno una storia particolare che li accomuna: negli anni Quaranta dell’Ottocento uno studioso italiano che aveva ottenuto il permesso di esaminarli, Giacomo Libri, sottrasse diverse pagine da entrambe le raccolte, vendendole poi a un nobile inglese, Lord Ashburnam, il quale provvide a farle rilegare in due distinti fascicoli che decenni dopo, una volta accertata la provenienza fraudolenta, dovette restituire all’Institut de France, che ha provveduto a reintegrare nei volumi originari.
Dettagli
- Il Codice A tratta essenzialmente di pittura e di fisica, con il moto che fa da tema unificante
- Il Codice B tratta in particolare di tecnologia della guerra, della realizzazione di una macchina volante, di chiese a pianta centrale, di come costruire la citta ideale
- Il tema prevalentemente trattato nel Codice C, inframmezzato come spesso accade da conti della spesa, pensieri e considerazioni sulla quotidianità, è quello relativo al rapporto fra le luci e le ombre, la luminosità e l’oscurità, quale espressione di tutte le forze che le manifestano e delle strutture che permettono la loro esistenza; gli effetti che la luce e l’ombra hanno sulla prospettiva, sulle forme, i contorni e i colori
- Contrariamente a quasi tutte le raccolte di Leonardo a noi pervenute, nel Codice D è trattato un solo tema: l’ottica, e più precisamente, la struttura dell’occhio umano e il suo funzionamento
- Nel Codice E particolarmente ampia è la sezione relativa alla fisica meccanica, presente in tutti i cinque fascicoli, ma concentrata negli ultimi trenta fogli. Molte sono le pagine che trattano del volo degli uccelli e della possibilità di costruire una macchina volante. Un discreto numero di pagine è dedicato alla scienza idraulica
- Il Codice F appare uno dei tanti tentativi fatti da Leonardo per mettere ordine ai suoi studi sulle acque e produrre il tanto vagheggiato Libro sull’acqua. In alcune pagine tratta anche di ottica e astronomia.
- Nel Codice G la gran parte delle pagine riguarda la morfologia delle piante, le luci, le ombre, i riflessi delle foglie, le leggi naturali che regolano la nascita, la posizione dei rami e delle foglie sull’albero. Ma lo scopo primario di queste osservazioni non è la botanica ma la pittura. Infatti il discorso è direttamente rivolto ai pittori. «Adunque tu, pittore, quando fai li alberi da presso, ricordati ... »; «Non pinger mai foglie transparenti al sole...»; «Molte volte il pittore s’inganna ...», e furono perciò da Francesco Melzi incluse nel Trattato della Pittura
- Il Codice H tratta del moto rotatorio degli elementi e di Geometria
- I quattro ultimi Codici (I, K, L, M) sono veri e propri libretti d’appunti, una sorta di block notes, che Leonardo portava in tasca e utilizzava alla bisogna per appunti rapidi e schizzi veloci. Lo testimonia la grande eterogeneità degli argomenti trattati e l’utilizzo casuale delle pagine, con disegni e scritti spesso capovolti rispetto al resto del fascicolo