Decine di migliaia di tonnellate di
materiale radioattivo sparso per anni su tutta la superficie del pianeta. Uranio
nei proiettili, nelle mine e per blindare i carri armati. Uranio come
contrappeso nella costruzione di aerei civili e militari, elicotteri, satelliti,
navi e barche a vela. Uranio come schermante nelle stanze degli ospedali e nelle
apparecchiature diagnostiche. Persino nelle leghe per le otturazioni dei denti e
nelle mazze da golf. Nessun freno all'uso delle scorie radioattive, nessuna
misura protettiva, nessun controllo. E soprattutto nessuna informazione da parte
dei governi e delle strutture preposte, che hanno sorvolato con colpevole
leggerezza sulle più elementari norme di tutela della salute dei loro cittadini.
Un crimine contro l'umanità. La maggior parte del materiale che leggerete in
queste pagine è tratto dal sito dei comitati "Stop all'uranio 238!"
(www.stop-u238.i.am), fusi nell'Osservatorio Etico Ambientale (OEA).
Il nuovo
rischio del nucleare deriva principalmente dai prodotti di scarto della
lavorazione, le cosiddette "scorie nucleari", derivanti dal processo di
arricchimento dell' uranio per la creazione di combustibile per le centrali e le
armi nucleari. Queste scorie sono presenti nella forma di esafluoruro di uranio
(UF6) che viene convertito in uranio impoverito (UI) per essere poi utilizzato
nei modi più disparati. L'UI è una sostanza radioattiva e tossica che viene
chiamata "uranio impoverito" perché è principalmente costituita dall'isotopo
U-238 e contiene una piccola percentuale dell'isotopo fissionabile U-235. Anche
se la sua radioattività è il 40% in meno dell'uranio fissile, è sempre ben 60
volte più radioattivo del materiale che si trova in natura.
Una proprietà
caratteristica dell'UI di cui poco si parla è la piroforicità: si tratta della
capacità dell'UI di autoincendiarsi a temperatura ambiente in determinate
condizioni e di innescare incendi. E anche se non s'incendia perde in un anno lo
0.5 della sua massa. Le emissioni dell'UI sono date principalmente da particelle
"alfa" che per certi versi sono più insidiose dei "gamma" dell'uranio 235 perché
possono essere respirate e non vengono segnalate dai contatori Geyger. La
quantità di UI stoccata attualmente nel mondo è superiore ai 6milioni di
tonnellate. Ovvero poco più di un chilogrammo per ogni essere umano. Le cifre
ufficiali parlano di 150mila tonnellate in Gran Bretagna, 250mila in Francia,
750mila negli USA e addirittura 5milioni di tonnellate in Russia. Si tratta
delle famose scorie nucleari per le quali non si è mai trovata una soluzione di
smaltimento. O almeno così si pensava: nella realtà invece si è scoperto che
migliaia di tonnellate sono state riciclate in beni destinati a uso commerciale
e in questa forma disperse nell'ambiente.
I danni provocati dell'UI, o meglio
dalle radiazioni da questo emesso, sono di tipo cancerogeno,
mutagenico-genotossico. Inoltre, nel caso per esempio che venga bruciato durante
un incendio, si formano i diossidi di uranio, i cui effetti sulla popolazione
sono evidenti in Irak, dove sono state bruciate 300 tonnellate di uranio
(ammesse ufficialmente), leucemie, tumori, malformazioni genetiche, e non solo
sulla popolazione locale.
Durante la Guerra del Golfo del 1991, fra aerei e
carri armati inglesi e americani, sono state sparate qualcosa come 340
tonnellate di UI, si tratta, tanto per usare un termine di paragone, di una
quantità cento volte maggioredi quella rilasciata durante l'incidente di
Cernobyl (dove la vita media è passata da 67 anni a 42).
L'UI, venduto a 17
paesi del mondo e fornito gratuitamente ai produttori di armi, viene usato per
costruire proiettili anticarro lunghi circa mezzo metro capaci, grazie
all'altissimo peso specifico dell'uranio, di perforare pareti d'acciaio fino a 6
centimetri di spessore. Al momento dell'impatto l'UI brucia, creando particelle
radioattive estremamente volatili in grado di "ricadere" in un'area praticamente
illimitata.
L'uso di UI come zavorra e contrappeso in aerei ed elicotteri
civili e militari ha dell'incredibile. E' dal 1969 che la popolazione viene
sottoposta non solo ai rischi della dispersione nell'aria, avvenuta per
centinaia di tonnellate, che ha incrementato la ricorrenza di tumori e altre
patologie, ma anche al rischio d'incendio di uno qualsiasi delle migliaia di
aerei che utilizzano il materiale radioattivo per appesantire i piani di coda e
delle ali. La Boeing, chiamata direttamente in causa dopo il disastro di
Amsterdam, ha ammesso che sì: i suoi 747 ne sono provvisti. E non solo i suoi.
Anche la compagnia di bandiera Alitalia parla di un chilo di UI per aereo,
mentre la Boeing ne ammette ufficialmente l'uso di 350 chili.