I risultati preliminari di uno studio coordinato da Julio Voltarelli dell'università di San Paolo a Ribeirao Preto, in Brasile, co-firmato da Richard Burt dalla Northwestern university's Feinberg school of medicine di Chicago, sembrano incoraggianti ma richiedono maggiori approfondimenti scientifici.
La ricerca ha comunque guadagnato non solo l'apertura del Times on-line, ma è stata pubblicata sul prestigioso Journal of the american medical association (Jama). L'indagine condotta dagli scienziati brasiliani e statunitensi dimostrerebbe infatti che il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, prelevate dal sangue di pazienti con diabete di tipo 1 (giovanile o insulinodipendente), è in grado di mantenere in funzione le cellule beta-pancreatiche, fornitrici di insulina, che nel diabete giovanile vengono attaccate dal sistema immunitario del malato.
Se si tratti di una rivoluzione in campo medico è però presto per affermarlo con certezza - la terapia con staminali ha sortito per la prima volta risultati di questo genere - e saranno necessari nuovi trial clinici per misurare l'attendibilità della scoperta su un campione più vasto di pazienti. Ma i futuri esiti potrebbero essere di portata straordinaria, se si tiene conto che milioni di persone sono affette da diabete giovanile. Anche se, complessivamente, tale tipo di malattia ha un'incidenza sicuramente inferiore al diabete di tipo 2, che colpisce più spesso le persone obese o in età avanzata.
Gli studiosi degli atenei di San Paolo e di Chicago hanno sottoposto 15 pazienti che avevano ricevuto una diagnosi di diabete di tipo
Lo studio pubblicato su Jama testimonierebbe, quindi, la prima evidenza clinica dell'uso delle staminali per contrastare il diabete di tipo 1.